La motivazione negli sport di lunga distanza

“Pain is inevitable, suffering is optional!”
Murakami Haruki, L’arte di correre, Einaudi.

Da più parti si sente parlare di motivazione; tutti noi utilizziamo questo termine nelle nostre discussioni quotidiane, nello sport ma anche a scuola, sul lavoro, in famiglia. Frasi come: “Non ha motivazione”, “Deve trovare la motivazione dentro di sé”, “Senza la giusta motivazione non riuscirà a sfondare”, ecc…, riferite ad atleti di ogni ordine e grado, sono ormai entrate nel lessico comune.

Dalle parole che più comunemente vengono impiegate per descriverla ci possiamo rendere conto di come questa qualità, o condizione, o come direbbero gli psicologi più raffinati “configurazione di realtà”, sia la risultante dei tanti modi che abbiamo di definirla; noi tutti, la cosiddetta comunità dei parlanti, composta variabilmente da chi impiega il senso comune così come il senso scientifico. Certo una definizione da manuale esiste, e per completezza d’informazione la riporto di seguito: La motivazione è l’espressione dei motivi che inducono un individuo a compiere o tendere verso una determinata azione. Da un punto di vista psicologico può essere definita come l’insieme dei fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta.

Questa definizione è tratta da wikipedia e come possiamo notare rimane asciutta, limpida certo ma poco pratica; per renderla impiegabile, utilizzabile, fornirò di seguito degli esempi che meglio potranno declinarla a livello degli sport di endurance, di lunga distanza, in particolare il riferimento sarà quello delle ultramaratone, gare che si disputano su distanze che vanno oltre i 42 chilometri. Dalle espressioni riportate all’inizio di questo breve approfondimento appare chiaro come la motivazione sia una guida ineffabile. La psicologia in particolare, nel corso del suo sviluppo, si è occupata di motivazione da diverse angolazioni; sono nate teorie alternative, si sono scritti libri, articoli… Ma in fondo questa motivazione chi l’ha mai vista? Chi ci ha mai parlato? Come possiamo descriverla? Dove possiamo trovarla? Se dovessimo tentare di legare la parola motivazione a qualcosa di simile che ne chiarisca il significato potremmo provare con spinta, slancio, propensione verso una condizione che anticipiamo come gratificante per noi. Quindi prima ancora di fare qualcosa, sappiamo che questo qualcosa sarà per noi soddisfacente e così siamo spinti a farlo. Da cosa dipende però questo slancio? Uno dei risvolti più interessanti relativamente alla motivazione riguarda la componente interattiva, ovvero relazionale. La motivazione, infatti, non può essere legata solo a fattori soggettivi. Nell’affermare che un buon gruppo di compagni accresce la voglia di allenarsi, che stabilire rapporti sani e funzionali con i pari e con il maestro risulta fondamentale, che il supporto dei genitori, se di giovani si parla, è cruciale in ogni fase, si ribadisce l’ovvio… Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. È comunque esperienza di tutti che scambi fluidi e ambienti permeati di serenità e fiducia possono rappresentare contenitori ideali in cui sviluppare convinzione nei propri mezzi unita a competitività e a una buona dose di divertimento, condizioni essenziali per praticare uno sport e soprattutto per partecipare ad una competizione.

Come potremmo spiegare diversamente quell’anticipazione di una condizione voluta, scelta, in considerazione di pratiche d’allenamento caratterizzate da estremo rigore? Dove elementi come la gestione della fatica e del pensiero giocano un ruolo fondamentale?

Veniamo qui proprio alle gare di endurance, sempre più estreme, sempre più al limite, sempre più giocate sulla conoscenza e la padronanza degli aspetti cosiddetti mentali.

Quali strategie possiamo adottare per rilanciare il nostro sforzo, la nostra motivazione, quando siamo in gare da ore se non da giorni? Ciò che subentra andando oltre la corsetta della domenica mattina, tra altre componenti, è la gestione del dialogo interno; ovvero come ci parliamo? Cosa ci diciamo mentre siamo in gara o in allenamento? Di certo la mente ha tempo e spazio per vagare, ma non sempre si tratta di un piacevole svago, le sensazioni fisiche che provengono da tutti il corpo dopo numerose ore passate a correre potrebbero portarci a farci desistere dal nostro obiettivo che rimane il portare a termine una competizione estremamente dispendiosa, ma anche per questo affascinante e dalla forte valenza sfidante, nei confronti degli avversari (compagni) ma anche e soprattutto nel confronto con noi stessi e con i nostri limiti.

Non esistono trucchi, bacchette magiche o sfere di cristallo quando si parla di questi grandi impegni, protratti nel tempo, pertanto non esistono soluzioni pronte all’uso e valevoli per tutti; tuttavia può essere utile indirizzare la riflessione verso un accrescimento di consapevolezza della rilevanza del dialogo interno; potremmo ripeterci, nei momenti di sconforto che anticipiamo saranno presenti, frasi del tipo:

“Ho scelto di mettermi alla prova, affronto questa sfida un passo dopo l’altro”.

“Sono padrone delle mie risorse, con calma e coraggio affronto ciò che mi accade”.

Può essere efficace anche l’impiego di alcune tecniche di visualizzazione da introdurre in alcuni momenti della gara, oppure il ripetersi una sequenza di parole o suoni ogni ora o ora e mezza di gara; per ogni atleta sarà diverso il percorso che andrà ad organizzare la serie di strategie più idonee ad affrontare i vari momenti.

E via discorrendo

Contributo rivisto e ampliato, già apparso qui.

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La motivazione negli sport di lunga distanza. Nicola Delladio è mental coach a Trento e Cavalese.