Nell’ambito della psicologia applicata allo sport uno dei settori più indagati è quello che va sotto il nome di ansia da prestazione (o ansia da gara); una condizione che può rivelarsi come uno scoglio oppure come un punto da cui partire per salpare in un oceano inesplorato fatto di sensazioni di una insopprimibile vivacità e pienezza. L’aiuto di un preparatore mentale può rivelarsi prezioso per capire a che punto ci si trova.
Prepararsi ad una competizione sportiva, confrontarsi con gli avversari, allenarsi con criterio per prevenire possibili infortuni, investire economicamente in attrezzature o personale specializzato (a livelli assoluti munendosi di allenatori, preparatori, fisioterapisti, massaggiatori… Il cosiddetto team o entourage), comporta un dispendio di energia fisica e mentale di notevole portata; tutto ciò si accompagna fisiologicamente ad uno stato di attivazione che non di rado si tramuta in preoccupazione e infine nella cosiddetta ansia da prestazione o ansia da gara; lo sport, a livello amatoriale così come a livello professionistico, è sinonimo di agonismo, impegno, lotta; diversamente parleremo di attività motoria. Ogni sport ha la sua cornice fatta di regole all’interno della quale si svolge la sfida al termine della quale viene decretato un vincitore e un vinto, sia esso un singolo atleta o una squadra; in conseguenza di ciò viene stabilito un valore; partecipando si viene osservati, valutati e giudicati nei termini in cui saremo stati in grado di portare avanti e di concludere la nostra prestazione. Se tutto ciò descrive uno scenario condivisibile si può facilmente immaginare come chiunque si muova seguendo queste coordinate può essere soggetto a momenti di forte tensione, di stress, di allarme, di paura, finanche di blocco o rifiuto.
La prima considerazione ha a che fare, come mi è capitato di scrivere altrove, con il nostro livello di consapevolezza rispetto a questa condizione ovvero se decidiamo di gareggiare è per provare, sperimentare, vivere, le situazioni di cui sopra; semplificando potremmo dire che lo stress andiamo proprio a cercarcelo per poi risolverlo, sciogliendolo nel fare quello che ci piace e che abbiamo deciso; sentire il nostro corpo che si muove, che esplora lo spazio, che cambia, e farlo insieme e nel confronto con gli altri, ci fa stare bene nonostante o forse proprio grazie a questa tensione che sappiamo in anticipo si risolverà, come in natura possiamo solo combattere o fuggire da un pericolo che ci si para di fronte.
Quindi riconoscere per poi modificare. Partendo da un “comprendo che è così, questa cosa la scelgo, mi ci ritrovo, in parte anche se non del tutto e pienamente a causa della tensione che comunque fa parte del gioco, la posso attraversare cercando infine le strategie per superarla brillantemente”. Questa una frase – guida che può essere utile recitare a più riprese, al limite memorizzandola… E’ evidente come se ne possano inventare altre, con i termini che più ci risuonano in termini di immedesimazione.